Tutti hanno un’anima

Diavolo che punta con il ditoMoghembo si toglie la maglietta e la butta via, poi i pantaloni e le scarpe. Prende un piede tra le mani e poi l’altro e ci soffia sopra.
«Fa un diavolo di caldo qui dentro!» Moghembo si guarda intorno spaesato. Stava attraversando la strada e ora si trova in questo posto cocente.

«Malvenuto! Peccatore!» Il Diavolo apre le braccia, facendo svolazzare il proprio mantello e con un rutto accoglie il nuovo arrivato.
«Buffo questo sogno, sembra quasi reale.» Dice Moghembo.
“Ecco, ci risiamo.” Pensa Satana. “Tutti che si credono degli angioletti in miniatura.” Sbuffa e si promette che farà un discorsetto a Quello lassù; perché toccano sempre a lui i lavori sporchi?
«Non è un sogno, è un incubo che durerà per l’eternità.» Gli spiega Satana.
«Sono all’Inferno? Ma non ho fatto niente di male.» Dice Moghembo.
«Mmmh, ci risiamo.» Satana inizia a fare il solito elenco. «E quella volta che hai spiato il tuo compagno di banco? E quella vecchietta che voleva attraversare la strada e non l’hai aiutata? E quella torta, era succulenta, vero?…» Il Diavolo va avanti, con tono monotono, per un buon quarto d’ora, elencando tutti i peccati di Moghembo.

Oramai si è stufato di questo lavoro. Si becca tutti gli imbecilli, deve faticare a convincerli e in più la gente lo odia. Lui fa solo quello che deve, in fondo fa del bene: punisce chi deve essere punito. E invece Quello di sopra, cosa fa? Se ne sta lì bello beato, tanto a lui arrivano solo quelli tranquilli, mentre lui deve sempre fare la parte del diavolo. “Io fatico e Lui si becca il merito, al diavolo questa vita!”

Il cappello nero

Il sole splende, mentre l’automobile sfreccia su una strada che taglia il bosco a metà. Il vento spinge all’indietro le guance del cane, che tiene la testa fuori dal finestrino. Michele lo sente abbaiare e girando di scatto la testa, vede la ruota di un’automobile rovesciata. Fa un’inversione a u e soccorre l’uomo al volante.
«Non fidarti dell’uomo col cappello.» Le parole gli si spengono in bocca. Dopo essersi guardato alle spalle, cerca di tirare l’uomo fuori ma la testa gli cade.

Michele si sveglia bruscamente. È tutto bagnato, pensa sia sudore, ma è pieno di piscio. «Che brutto incubo.» Si dice, un po’ vergognato e un po’ spaventato. «Non ho nemmeno un cane.»
Si strofina la faccia, con entrambe le mani, sporcandosela tutta di dentifricio. «Che scherzo st…» Non finisce la frase, realizzando che vive da solo. Si alza di scatto e sulla scrivania vede una lettera con sopra, “Non fidarti dell’uomo col cappello.”, scritto in bella calligrafia. Si morde il braccio, cercando di svegliarsi.

Scende le scale, inizia a camminare in modo frenetico, corre. Le gocce a una a una si moltiplicano, e la pioggia gli lava di dosso ogni rimasuglio di piscio. Corre alla rinfusa e sbatte contro un uomo.
«Tutto bene?» Chiede l’estraneo.
«L’incubo… è…» Michele non trova parole, ma ha bisogno di dirlo a qualcuno.
«Mi hai per caso sognato?» Chiede l’uomo, alzando l’ombrello, che rivela un ghigno in faccia e un cappello nero in testa.

Haiku

Siccome mi piace scrivere in modo sintetico ho deciso di scrivere qualche haiku con verso libero. Sono un pochino volgari perché ho cercato di farli ironici.

Haiku,
più che veri,
più che seri.

Smartphone 600 euro,
cade sull’asfalto. –
Cazzo.

Giorno tranquillo,
servizio elettrico. –
Bolletta salata.

Visualizzi,
non rispondi. –
Mamma puttana.

Brava ragazza,
brava a scuola. –
Pompini in disco.

Tanto troia,
no storie serie. –
Non te la da.

Morosa,
poco amata. –
Da un altro sfondata.

Natale,
in famiglia. –
Sti cazzi.

Cerco lavoro,
altro colloquio. –
Serve esperienza.

Mi manchi,
vengo. –
In bocca.

Campeggio

– “Ma che cazzo! Non si può!” dice Paolo, alzando le mani al cielo esasperato. “Una cazzo di settimana di ferie e in quella deve piovere!”.
Paolo e la moglie Mara si trovano in questo campeggio da quattro giorni insieme alla figlia Anna e ad un certo tizio, Alex, il ragazzo della figlia. Questa è la quarta piovosa giornata, solo ieri c’è stato abbastanza sole da potersi sdraiare sulla spiaggia e fare il bagno (con grande disappunto di Anna). Il resto del tempo l’hanno passato chiusi in tenda come topolini in trappola, ad ascoltare il ticchettìo della pioggia e l’uso di parole eloquenti, per così dire, da parte di Paolo.
La giornata procede lentamente come le altre, interrotta qualche volta da allarmi, dal vociferare etereo fuori dalla tenda o dalla vocina di uno dei quattro che annuncia di dover andare in bagno, come se esso fosse un bene da custodire e loro si dessero il cambio del turno di guardia. L’unico a non annoiarsi è Alex che dorme sonoramente o sparisce per lunghi periodi di tempo.
– “Vado a fare la cacca” dice Anna, di vent’anni, con la voce da bambina, come se stesse rivelando con sommo piacere un segreto lungamente custodito. Esce aprendo la cerniera della porta e inserisce un piede alla volta nelle ciabatte, seguita da Alex che ha dormito fino ad adesso e ora si è svegliato all’improvviso e sparisce dietro l’entrata della tenda. Si riaffaccia quando Mara gli chiede se sta andando in bagno per rispondere dopo un momento di pausa con un “sì” incerto.
Nella tenda Paolo continua il dormiveglia interrotto solo da qualche imprecazione, mentre Mara cerca in tutti i modi di tenersi occupata. Usa una scopa per spingere il tetto della tenda e far scendere sui lati l’acqua che si è accumulata, asciuga le ciabatte con il phon e prepara da mangiare. Sta preparando il the quando rientra la figlia che, dopo essersi congratulata con se stessa per l’opera realizzata, chiede dov’è Alex che proprio in quel momento rientra.
– “Cos’hai fatto a quella felpa?” chiede Mara vedendolo pieno di fango.
– “Ah, sì. Sono scivolato.” dice dopo averci pensato per un momento.
Finita la cena Alex esce. Dopo mezz’oretta, vedendo che non è ancora tornato, Anna prova a cercarlo nei bagni. Quando torna trova la tenda vuota. Si sdraia sul letto e continua a leggere il libro che sta finendo da tanto fino a quando inizia a fare buio. Vede con la coda dell’occhio un’ombra che passa davanti alla tenda; chiama “Alex?” ma nessuno le risponde. Continua a leggere e le scappa un urlo quando sente la cerniera della porta aprirsi.
– “Cos’hai, sciocchina?” chiede Mara quasi divertita.
– “Ah, siete voi.” dice Anna facendo finta di niente.
Le ore passano e fuori il buio avvolge ogni altra tenda, albero o persona, mentre il vento li fa ondeggiare e inghiotte il rumore dei passi.
– “Ma dove sei stato?” dice Anna ad Alex sentendo la cerniera. Non lo vede bene, avvolto dall’oscurità e dal cappuccio, la lanterna per terra riesce solo ad illuminare la lama del coltello che si infilza nella schiena di Paolo, mentre il vento sopprime le urla di Mara e i singhiozzi di Anna. Estrae la lama e osserva le gocce di sangue che cadono attraverso l’oscurità per accendersi come scintille di fuoco quando vengono illuminate dalla lampada e inumidiscono il già bagnato pavimento. Si avvia con passi lenti e sicuri verso Mara e Anna vede la lama cadere dall’alto tagliando la gola di sua madre con un colpo secco. L’assassino scatta con la testa quando sente l’allarme e fugge fuori dalla tenda. Anna, ora sola, piange più di prima presa dal panico fino a che le urla diventano sorde e le lacrime secche. Scende inciampando dal letto e rotola per terra sporcandosi di sangue la faccia, prende le chiavi dal marsupio dopo che questo è caduto un paio di volte e si chiude in auto. Cerca il telefono per chiamare la polizia, ma l’ha dimenticato in tenda. Ha paura a tornare indietro. Qualcuno bussa, urla, cambia sedile e sente “Amore, sono io.” Scende e corre ad abbraciare Alex. Gli racconta quello che è successo e continua a chiedergli dove fosse stato, ma solo ora si accorge che ha le mani sporche di sangue.
– “Amore? Non può essere, perché?” Gli chiede Anna.
– “Non è come credi.”
Anna inizia a correre e chiedere aiuto. Alex la insegue, le tappa la bocca e la riporta a forza in tenda. Vedendo il macello, cambia idea e va in auto.
– “Amore, non sono stato io.” Alex inizia a spiegarle tutto: l’assassino aveva ucciso un’altra famiglia, quella della sua amante e lui era riuscito a scappare e a dare l’allarme. Si è sporcato le mani cercando di salvare la ragazza.
La faccia di Anna passa da un’espressione di sollievo a una di incredulità e infine ad una di dolore. Adesso ha sentimenti contrastanti, conosce Alex da tanto tempo, non si aspettava che fosse un assassino nè tanto meno che la tradisse.
I mesi passano. Anna cerca di rincominciare da capo, conoscere gente nuova, ma non riesce ad aprirsi con gli altri ragazzi con cui esce. Gli incubi la tormentano e la perseguitano anche di giorno. Torna con Alex, l’unico con cui riesce a parlare del trauma subìto e che può capirla e insieme formano un’altra famiglia, che in vacanza va sempre in montagna.

Alla deriva

– “‘Fai tutto quello che vuoi nella vita’ dicono e poi hanno paura di qualche macchina.” Camminando a testa bassa Marco semi-urla queste parole, ma è difficile capirlo in mezzo ai suoni dei clacson che strappano il silenzio facendolo a pezzettini e lo ricompongono in rumori confusi. “Se solo sapessero…” affonda un piede nell’asfalto “… che cosa ho…” stringe i pugni forte, affonda un altro piede “… cosa ho passato, quanto ho sofferto…” sale sul marciapiede e velocemente svolta l’angolo per nascondersi e scappare dalla gente, così come quella lacrima che per lungo tempo si è nascosta e che finalmente gli è sfuggita. Si allontana lasciandosi alle spalle quelle persone.

Non si è mai sentito così bene, non sa cosa lo prende. Quelle crisi sono come i temporali. Vengono velocemente, scagliano fulmini e saette e spariscono, lasciando il palcoscenico a un bellissimo sole. Così è lui adesso, pieno di energie, con la voglia di fare. La voglia di conquistare lo prende e lo porta in mari remoti, come il capitano di una nave, ma, ahimè, anche le navi più salde si rompono.