Nella tana del lupo

Il mondo è pieno di  ingiustizie e Giulia lo sa bene. Crescere senza una figura materna è un reato. Reato compiuto dalla società, dalla “giustizia” Italiana. Aveva quindici anni, quando fu derubata dell’unica persona che sappia amare per davvero, la mamma. Grazia, donna tenace, ha tirato su una figlia con le sue sole forze. Il padre, uno spirito libero, libero da preoccupazioni e responsabilità, ha abbandonato la compagna non appena il pancione ha cominciato a farsi notare.

L’unica colpa di Grazia è stata di trovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato. Tornando a casa dal solo lavoro che era riuscita a trovarsi, cameriera osé in uno squallido bar di periferia, è stata arrestata. Faceva la stessa medesima e noiosa strada del ritorno ogni notte. Quella volta prese una scorciatoia e si imbatté nel corpo defunto del suo ex compagno. Disperata cercò di aiutarlo, ma la polizia la trovò con le mani insanguinate. I fatti parlavano chiaro. Il movente c’era, si trovava sul luogo del delitto, sentenza di condanna definitiva: vent’anni di purgatorio nel carcere Verziano di Flero City.

Sono passati tre anni. Giulia, oramai maggiorenne, si è abituata alla rabbia. La tristezza e lo sconforto fanno da sfondo alla sua quotidianità, ma lei va avanti giorno per giorno, senza mai scordare. Ogni sera prima di addormentarsi sogna di riconciliarsi con sua mamma.

Una mattinata di scuola le si presenta un’occasione irripetibile. La scuola ha organizzato una corsa con i carcerati con obiettivi educativi. La data della corsa coincide con un’eclissi totale. Giulia, durante le visite alla madre, ha avuto modo di osservare gli edifici, gli spazi adiacenti e gli spostamenti dei secondini. L’occasione c’è. Deve rendere giustizia alla madre, deve liberarla. Le viene l’idea e ne parla con lei. Grazia in principio dice di no, non è convinta, cerca di dissuadere la figlia. Troppo rischioso. La speranza di riavere la propria vita e di stare affianco a sua figlia alla fine prende il sopravvento: vuole evadere. Il piano è semplice: durante la corsa approfitteranno del buio e dello stupore portato dall’eclissi per nascondersi dentro a un edificio, da tempo inusato, per poi  scavalcare il recinto dietro il carcere.

Il fatidico giorno, le due donne, come pianificato, si nascondono dentro l’edificio. Sembra che il più sia fatto, ma le guardie sono accorte e le tenevano sott’occhio fin dall’inizio, conoscendo bene il legame che le univa. Tentativo fallito.

Ora madre e figlia sono di nuovo insieme, per almeno cinque anni, durata della carcerazione di Giulia.

Ringrazio Anna per la correzione delle bozze.

Luna di miele

Airplane drawMarco inizia a sudare, la gola gli si secca e la pancia gli si riempie e sgonfia con ritmo sempre più frenetico.
«Cos’hai visto? È tutto a posto?» Lucia non l’aveva mai visto così pallido.
«L’a..e..re..o» Tremando cerca di parlare, ma la mascella scatta e si chiude dopo ogni sillaba.
«Caro? Tutto bene? Vado a chiamare l’hostess.» Lucia fa per alzarsi, ma Marco l’afferra forte per il braccio e la fa risedere.
«Sto bene.» Le parole escono tutto d’un fiato.

Non sapeva come dirlo alla sua nuova sposa. A trent’anni ha finalmente trovato la persona con cui passare il resto della propria vita, ma non pensava che sarebbe durata così poco.

«È tutta colpa tua.» Non voleva dire questo.
«Cosa è colpa mia?» Il volto di Lucia si dipinge di stupore: bocca aperta, occhi spalancati e sopracciglia alzate.
«Te l’ho detto che non volevo andare in luna di miele.» Avrebbe voluto iniziare il discorso in maniera diversa, ma sentiva la tensione nel petto e aveva bisogno di scaricarla.
«Cos’è successo?» Non capisce, ha già sentito di mariti andati in crisi dopo il matrimonio, ma questo le sembra esagerato.
«Scusami.» Espira forzatamente e prende un’altra boccata d’aria. «Ecco leggi» e gira lo schermo del portatile verso di lei.

Annoiato dal viaggio, Marco aveva aperto il browser e sulla prima pagina di ilmomento.it c’era la notizia clamorosa della sparizione di un aereo, il loro.

Finito di leggere, Lucia rimane immobile con lo sguardo fisso sul marito. Il sudore le fa venire il prurito a tutta la faccia, ma non ha le forze per pulirsi.

«Ascoltate, per favore!» Dice Marco, agli altri passeggeri, alzandosi in piedi. «Quest’aereo è stato dirottato.» Lo scetticismo si diffonde come una valanga, con qualche sparsa risata. «Andate su Internet e vedrete.» L’aereo viene illuminato dagli schermi e dopo un minuto di silenzio si sentono dei «Guarda!», «Non ci credo.», «Com’è possibile?», «Perché il nostro?», «Ciao mamma, ti chiamo per…», «…figliolo, io…», un altro minuto e il panico scatta. Si alzano tutti come per scappare, ma presto si rendono conto che non c’è via di fuga. Qualcuno cade e viene calpestato dalla massa. Un paio di persone vanno verso la cabina di pilotaggio e chiamano il capitano, inutilmente. Prendono d’assalto la porta con delle spallate, ma non si smuove.

Marco guarda fuori dal finestrino. Vede le nuvole in alto andare all’indietro pigramente nel cielo, l’ombra dell’aereo sopra il mare, il bosco, le rocce e…

Nessuno ha sentito il boato né visto la fiammata che ha illuminato la montagna.

Ringrazio Anna per la correzione delle bozze.
Il disegno è preso da Pixabay.

Tu cosa ne pensi di tutti gli aerei caduti? Lascia un commento…

Miami Kebby

Ed ecco un’altra persona affamata. Negli ultimi due mesi, la porta di Miami Kebby ha visto entrare un numero sorprendente di nuovi clienti, tutto merito del nuovo proprietario. Assad, infatti, ha fatto del kebab un cibo squisito, grazie ad un ingrediente segreto. In molti sono gelosi e hanno esaminato il kebab in ogni suo componente, per trovare il suo punto di forza. Gli hanno offerto fior di quattrini per svelare la ricetta, ma lui non cede. Dice che è una tradizione famigliare, che si trasmette di generazione in generazione.

Metà del successo è dovuto alla sua simpatia. Assad è socievole ed estroverso e sa come intrattenere la clientela. Un paio di volte a settimana, fa scoppiare il suo piccolo “pubblico” in risate e applausi.

Nonostante sia benvoluto, non mancano le dicerie. C’è chi dice, che un altro ha detto, che qualcuno lo ha visto piangere o strapparsi i capelli, parlare parole irripetibili o fare discorsi incomprensibili. Girano poi voci sulla sua famiglia. Tutti i membri sono stati uccisi orribilmente in circostanze misteriose. Colpevole sconosciuto, nessun indagato. Le vittime vengono sbudellate, gli organi estratti e praticati tagli profondi sui polsi, per poi essere appese a testa in giù per farle dissanguare. Vengono poi amputate le estremità: le dita delle mani e dei piedi, il naso e le orecchie.

La famiglia di Assad si è trasferita negli Stati Uniti per realizzare il sogno Americano, per poi finire scuoiata agganciata a testa in giù. Il padre era una figura carismatica e aveva dato l’avvio all’attività. La sorella si era sposata da poco e aveva lasciato un figlio da crescere. La madre, una parte importante della comunità lì in Pakistan, aveva sul dorso della mano destra una voglia che si estendeva dal polso fin sulle dita. Si pensava avesse poteri curativi e i malati spesso la pregavano di compiere miracoli con le sue mani. Assad non parla mai dei suoi parenti e, quando salta fuori il discorso, cambia frettolosamente argomento.

La fama di Miami Kebby, insieme alle dicerie, è giunta alle orecchie del primo cittadino. Un intero tavolo è riservato al sindaco e alla sua famiglia. I kebab vengono ordinati: niente piccante per la moglie, senza cipolla per i figli e solo carne per il padre. Il sindaco dà un morso saldo e masticando pensa “buono” tra sé e sé, ma nel dare un altro morso i denti si bloccano. C’è qualcosa di duro. Lo estrae, lo fissa qualche secondo, inizia a tremare e a sudare. Dalle mani lascia cadere un dito, con sopra una voglia.

Ringrazio Anna per l’idea e per la correzione delle bozze.

Lui

Lui è il bravo vicino di casa, l’affettuoso amante, lo studente modello, il figlio perfetto. Lui è il maniaco. Di giorno segue una vita normale e tranquilla; di notte, nella penombra dei vicoli cittadini, vende le mercanzie più rare e squisite: polmoni freschi, cuori con ancora battiti da spendere, prelibati testicoli, fegati succulenti. La qualità è al primo posto. La merce sempre fresca. La materia prima: l’uomo.

Ti segue da lontano, si avvicina piano, piano. Non lo vedi e non lo senti. I suoi strumenti: mani e denti. Con forza sovrannaturale ti strappa il cuore che ancora pompa, ti sbudella e ti sussurra: 《Calma, calma. Ora è finita, dona a me la tua vita.》

Ringrazio Anna per la correzione delle bozze.